Ambulatorio Cefalee
La cefalea, termine con cui è più appropriato chiamare il “mal di testa”, è una problematica molto diffusa: fino al 90% degli uomini e addirittura il 95% delle donne ne ha sofferto almeno una volta nella vita. Questa sindrome, con dolore localizzato alla testa (ma a volte esteso anche a faccia e collo), è considerata un male moderno, conseguenza dello stress e di un ritmo di vita troppo frenetico, anche se in realtà le sue prime descrizioni risalgono a tempi antichissimi, addirittura alla Grecia classica.
Nonostante la sua diffusione, soltanto in tempi recenti si è iniziato ad attribuirle un giusto peso dal punto di vista medico: risale al 1962 il primo tentativo di mettere ordine nella complicata nomenclatura. La prima classificazione sistematica, basata su evidenze scientifiche è del 1988, aggiornata nel 2004 e più recentemente nel 2013. Dalle 10 forme di cefalea e 90 sottogruppi della prima versione, attualmente si è giunti ad identificarne più di 200: questo dato è indice di quanto possa essere difficile arrivare ad una diagnosi corretta.
Il mal di testa è quindi un disturbo piuttosto comune e le cefalee vengono usualmente distinte in cefalee di tipo primario (cefalea di tipo tensivo, emicrania, cefalea a grappolo, per citare le piú comuni) e cefalee secondarie, quando il mal di testa è sintomo di una malattia sottostante (secondarie a patologie cerebrali, internistiche, oppure derivanti da abuso di farmaci, ad es. analgesici). La prima importante suddivisione è quella tra le forme di cefalea primaria (che costituiscono la maggior parte delle forme per cui si ricorre al medico) e le secondarie.
Un posto a parte lo hanno infine le nevralgie craniali, tra cui la nevralgia del trigemino.
Nelle cefalee primarie, il disturbo è “benigno”, non causa deficit neurologici e non è legato ad altre malattie, tuttavia può essere così debilitante da compromettere la qualità di vita di chi ne soffre, influenzando negativamente la vita familiare, sociale e lavorativa.
Tra le forme primarie, la più comune è l’emicrania: la sua diffusione è tale per cui spesso questo termine viene usato per indicare genericamente il mal di testa. L’emicrania comune (o senza aura) è caratterizzata da un dolore pulsante, unilaterale e intenso, può durare fino a 3 giorni ed essere associata a disturbi come fastidio alla luce (fotofobia), fastidio ai rumori (fonofobia), talvolta fastidio agli odori (osmofobia), nausea e vomito. Nel caso in cui l’emicrania sia preceduta da sintomi “premonitori” (tra i più frequenti formicolio a mani o bocca,e/o disturbi visivi), si parla di emicrania con aura (o emicrania classica). Esistono poi cefalee secondarie, in cui il “mal di testa” è sintomo di altre condizioni patologiche (traumi cranici, infezioni, disturbi vascolari per citarne alcuni).
Oggi ci sono molte terapie efficaci per trattare queste forme di cefalea: il primo passo da fare, quindi, è smettere di considerare il mal di testa come qualcosa che fa parte della propria vita. È importante però una diagnosi accurata e corretta.
Qual è il modo migliore per definire la cefalea? L’Anamnesi
È fondamentale l’anamnesi, completa di quante più informazioni possibili: dalla familiarità all’età d’esordio, frequenza, durata dell’attacco, periodicità, modalità d’insorgenza, qualità e intensità del dolore, sede e irradiazione, sintomi associati, fattori scatenanti o aggravanti e infine le terapie messe in atto. Molto spesso lo specialista neurologo sottopone al paziente un questionario anamnestico, attraverso cui raccogliere tutte le informazioni in maniera dettagliata, e chiede di tenere un diario degli attacchi.
A volte, se cambiano le caratteristiche degli attacchi o se all’esame obiettivo compaiono sintomi neurologici, possono essere necessari approfondimenti diagnostici:
- analisi di laboratorio
- esami strumentali come Elettroencefalogramma
- esami di diagnostica per immagini come: Risonanza Magnetica, Angio-Risonanza
Una volta identificata la forma di cefalea, lo specialista può cercare il trattamento più adatto, sia per il singolo attacco, sia come profilassi, se la frequenza degli attacchi diventa elevata. In questo secondo caso, secondo la tipologia di “mal di testa”, alla terapia farmacologica si possono affiancare terapie comportamentali cognitive, training autogeno, neurostimolazione. Infine, se al disturbo sono associate altre condizioni patologiche, ad esempio depressione e ansia, vanno anch’esse trattate.
Visita neurologica per cefalea
Attraverso una visita neurologica è possibile effettuare una corretta diagnosi: lo specialista individuerà il tipo di mal di testa e potrà fornire al paziente tutte le informazioni per conoscere meglio la sua malattia e le indicazioni appropriate per una gestione ottimale.
Ma quando è indicata una valutazione specialistica neurologica? Ogni qualvolta il mal di testa tenda a ripresentarsi con regolarità e le terapie consigliateci dal nostro medico perdono di efficacia, oppure quando un mal di testa peggiora sempre più nonostante le prime cure, o, ancora quando il medico di base o un altro specialista lo ritengano opportuno, in quanto reputano la situazione clinica troppo complessa.
In particolare:
- quando l'intensità e la frequenza del mal di testa diventano "diverse dal solito"
- se sono presenti più di 3-4 crisi al mese, per evitare l'autosomministrazione di farmaci e che la cefalea cronicizzi
- se la cefalea in precedenza episodica, cambia radicalmente le sue caratteristiche di presentazione
- se è più frequente di 8 giorni al mese (per evitare che cronicizzi)
- se compare in un soggetto di oltre 50 anni che non ha mai avuto cefalea
In questi casi, è consigliabile rivolgersi all’ambulatorio delle cefalee o a un neurologo specializzato in cefalea, il quale potrà aiutare, dopo aver identificato la tipologia di cefalea, a trovare una cura adeguata.
È inoltre opportuna una valutazione specialistica se la cefalea si accompagna a caratteristiche che suggeriscono la secondarietá, e quindi:
- se è di gravissima intensità e insorge improvvisamente (ma in questo caso è ovviamente indicato l’accesso al pronto soccorso)
- se si associa ad amaurosi o altro disturbo della vista, oppure ad altri disturbi neurologici (deficit di forza, sensibilità, o equilibrio), oppure a confusione mentale
- se è associato a rigidità nucale o febbre, oppure a nausea o vomito al mattino al risveglio, o se peggiora in alcune posizioni, con l’esercizio fisico o con il ponzamento (lo sforzo legato alla defecazione)
La visita neurologica presso l’ambulatorio cefalee è una visita specialistica mirata, volta a permettere il riconoscimento di quadri tipici (cioè le principali forme di cefalea primaria e i più comuni quadri “sindromici” di cefalea secondaria), oltre a una valutazione dell’eventuale necessità di ulteriori accertamenti e osservazioni, nell’ambito di un percorso diagnostico più complesso per le forme più complicate (ad esempio nel caso di cefalea nella donna, è richiesta a volte una gestione comune tra neurologi e, quando necessario, con ginecologi e/o endocrinologi per una valutazione anche del ruolo degli ormoni).
L’accurata anamnesi eseguita nell’ambito della visita neurologica per cefalea è volta a identificare con la maggior precisione possibile aspetti come l’andamento temporale della cefalea, la presenza di eventuali deficit neurologici di accompagnamento, l’unilateralità o meno del dolore, o l’intervento di fattori scatenanti specifici, in grado di scatenare o aggravare gli attacchi.
L’anamnesi così effettuata, insieme con un esame obiettivo completo, di solito permettono di chiarire i dubbi sulla presenza o meno di lesioni di natura organica, mentre altre volte la diagnosi si potrà formulare solo dopo indagini strumentali anche sofisticate, in grado di individuare le cause.
Lo scopo di questo percorso è quello di individuare i fattori scatenanti specifici, consigliare l’adozione di alcune misure precauzionali, come il mantenere una corretta igiene di vita o evitare certi specifici comportamenti, e identificare l’idonea terapia sintomatica (da impostare con rapidità all’insorgenza del dolore), che deve essere scelta sulla base di fattori come la tollerabilità , ma anche tenendo presenti eventuali patologie concomitanti, o la terapia di profilassi se necessario (che non sempre dovrà necessariamente essere di tipo farmacologico).
Emicrania: cefalea primaria
L’emicrania rientra nella famiglia delle cefalee primarie, costituendo la forma più frequente. Essa è caratterizzata da forti attacchi di dolore il più delle volte pulsante, di intensità medio-forte e talvolta invalidante al punto da richiedere l’interruzione delle proprie attività quotidiane; si possono anche manifestare sintomi quali nausea, vomito, vertigini, ipersensibilità a luce, a suoni, a odori, e talvolta anche al tatto (allodinia). Le crisi possono durare anche per piú giorni (in media fino a 3 giorni), perciò una diagnosi precoce e una terapia appropriata sono fondamentali per una gestione ottimale degli attacchi.
Quando si presenta con bassa frequenza, l’emicrania si cura al bisogno, con farmaci specifici: triptani, oppure con paracetamolo, fans ed eventualmente antiemetici, se si associa a nausea e vomito.
Per quanto riguarda la profilassi (necessaria qualora la frequenza degli episodi sia elevata) finora i pazienti emicranici potevano essere trattati solo con farmaci che, efficaci in modo specifico in altre patologie, sono da tempo riconosciuti utili anche nella cura dell’emicrania e indicati nelle Linee Guida per il trattamento delle cefalee; ne sono un esempio i betabloccanti, gli antiepilettici e i calcioantagonisti, o alcuni antidepressivi specifici.
E’ disponibile una terapia di profilassi per l’emicrania? Sì, oggi infatti è disponibile una nuova classe di farmaci: anticorpi monoclonali, in grado di legarsi al recettore di un neurotrasmettitore cerebrale – il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP – Calcitonin Gene-Related Peptide).
I nuovi famaci possono agire in due modi, o inibendo direttamente la molecola di CGRP, oppure bloccando i suoi recettori (cioè le serrature che aprendosi innescano il dolore). Questo evita che si scateni la crisi e dunque si tratta di una terapia preventiva, che permette la diminuzione del numero di attacchi e quindi anche il ricorso a farmaci antidolorifici o specifici della fase acuta. Il farmaco viene somministrato mediante un’iniezione sottocutanea con frequenza mensile.
A questa recentissima modalità di prevenzione, continua ad affiancarsi un altro tipo di terapia di profilassi, e cioè quella che utilizza la tossina botulinica, già in uso da molti anni in casi selezionati.
È anche importante ricordare che il paziente emicranico dovrebbe sviluppare una consapevolezza dei fattori di rischio che possono scatenare le crisi di mal di testa, e adottare un corretto stile di vita:
- attività fisica regolare
- dieta sana ed equilibrata
- idratazione adeguata
- cicli del sonno regolari
Questi sono tutti elementi importanti nella prevenzione dell’emicrania e quindi nella limitazione, per quanto possibile, dei trattamenti farmacologici.
Un consiglio importante è di non adottare terapie “fai da te”, ma cercare sempre di seguire un adeguato approccio medico.
In caso contrario, non soltanto si corre il rischio di non avere risposte esaurienti, ma, soprattutto, di sviluppare, anche con discreta frequenza, una cronicizzazione del disturbo.
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